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Lucimostri:il Ponte della Musica Armando Trovajoli

Inquinamento Luminoso, cos'é, effetti collaterali e non, come si combatte

Moderatore: serastrof

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serastrof
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Lucimostri:il Ponte della Musica Armando Trovajoli

#1

Messaggio da serastrof »

A Roma da un po' di anni a questa parte, gli architetti "di grido" si sbizzarriscono nell' "adornare" le loro creazioni con pesanti giochi di luce, senza considerare affatto le conseguenze sul cielo notturno del loro operato, di cui vanno fieri e considerano superiore e sopraffino.

Dal punto di vista ecoastronomico, però, visto che nessuno mette loro freni - nonostante leggi e norme ben precise, non perfettissime ma pur sempre decenti - e che nessuno (nemmeno gli astrofili, invero) ha il coraggio di andare controcorrente e nemmeno la capacità di argomentare il rispetto del cielobuio, il risultato è che alla fine ne vengono fuori solo dei veri e propri "lucimostri" (ecomostri di luce).

Un buon esempio di ciò, è il nuovo "Ponte della Musica Armando Trovajoli" sul Tevere, al Foro Italico.

Posizione: http://goo.gl/maps/5Fqq6



Immagine


Altre notizie ed immagini qui: http://www.06blog.it/post/11048/inaugur ... ca-di-roma



Come si può vedere da queste foto, estratte dal web, là dove prima c'era un salutare spazio buio, con rive cespugliose e piene di vita e di natura, ora anche quest'ansa del fiume è avvolto da una palla di luce: una folta schiera di sorgenti luminose lo rischiara a giorno anche di notte.

L'opera costituisce un indubbio elemento di rilievo architettonico, innovativo e funzionale.
Il problema però è che la posizione e la direzione del flusso luminoso è mal orientato, e non fa altro che accrescere il fortissimo inquinamento luminoso che ammorba la Capitale.

Infatti il ponte è stato dotato innanzitutto di una doppia serie di fanali (direzionati con flusso verticale, dall'alto verso il basso) per lluminare il piano di calpestio ai pedoni (il ponte finora è solo bicipedonale, ma c'era il progetto di farci passare una linea di piccolo tram/bus elettrico).

Però in alto, sotto le arcate tubolari, è stata installata anche una doppia serie di proiettori simmetrici a fiala alogena, il cui unico scopo è di illuminare appunto i due grandi archi d'acciaio che costituiscono l'ossatura di sostegno del ponte medesimo.

In pratica, su ogni lato del ponte una fila di proiettori simmetrici (cioè quelli costituiti da una parabola riflettente di circa 90 gradi) "spara" in orizzontale dal vertice di ciascuna delle due arcate, per tutta la loro lunghezza, verso l'altro arco dirimpettataio.

Tale sistema d'illuminazione aggiuntivo in sostanza ha l'unico scopo di render visibile i due elementi architettonici principali (i due grandi archi) per accentuare la visione globale dell'opera, a distanza, da qualsiasi angolatura.

Infatti non illumina il piano di passaggio, bensì solo ed esclusivamente il "monumento".



Immagine

136,79 KB


Chiunque transiti sul posto può rendersi conto che tale ulteriore e duplicata linea di sorgenti luminose ha una funzione puramente estetica, e dunque non necessaria, voluttuaria, nociva e dispendiosa (perchè energivora e costosa).

Le strutture metalliche del ponte sono molto più alte di qualsiasi essere umano, e quindi i fari - posti lungo tutto il corso delle due grandi strutture metalliche tubolari - essendo direzionati per illuminare in orizzontale, non servono affatto a rischiarare il passo, bensì solo a rendere visibili nella notte le strutture architettoniche medesime.

Ciò non può che creare (anche) inquinamento luminoso, con evidenti "sforature" (ancorchè da misurare) dei limiti imposti dalla L.R. Lazio 23/2000.

Nella precedente immagine, ad esempio, sullo sfondo dietro il ponte si intravedono i palazzi del quartiere "Delle Vittorie" illuminati fino al torrino terminale, in alto.

Infatti un proiettore parabolico posto al di sopra di veicoli e persone - se direzionato verso l'orizzontale - "spara" il suo flusso luminoso con un angolo d'irradiazione di circa 90°.

Ciò comporta che il flusso si dirige innanzitutto verso le strutture metalliche dirimpettaie, le quali risultano tutto sommato esili e sottili rispetto al fascio che le investe, dunque buona parte del flusso si disperde in ogni dove.

Una seconda parte del fascio di luce si dirigerà sicuramente verso il suolo, ovvero il piano di calpestio del ponte. Ma un ponte non è certo un edificio con facciata a superficie piana ed opaca, in grado di assorbire la luce. Inoltre in questo caso ci troviamo di fronte ad un ponte chiuso ai lati solo con ringhiere metalliche (e non con spallette murarie), quindi la luce proveniente dall'alto sicuramente si spargerà anche in basso, fuori di ogni struttura in grado d'intercettarla (e di essere utilmente ed economicamente "illuminata"). Ovvero siamo sicuramente di fronte ad un fenomeno di "spreco" e di dispersione della luce verso il vuoto e verso il corso del fiume.


Immagine



Infine - last but not least! - una terza e molto consistente parte del flusso luminoso prodotto dalle svariate decine di proiettori parabolici, si dirige certamente anche verso il cielo, non essendo intercettato da nessuna struttura.


Ora non posso allegare qui documenti di valore tecnico-scientifico o misure, perchè non le posseggo. Nemmeno so se agli atti del progetto esse siano state acquisite. Non so nemmeno se alcuno abbia mai provveduto finora ad effettuare delle ben precise ed oggettive misure circa il rispetto dei limiti imposti dalla L.R. Lazio 23/2000 circa le emissioni inutili e sprecone verso l'alto (le quali misure, peraltro, per esser effettuate su un ponte, occorre piazzare la strumentazione in alto, e ciò non penso sia affatto facile, quotidiano ed economico!).

Ciò che è certo che fino al 2011 in quell'ansa del Tevere nottetempo, protetti dal buio riposavano ogni sorta di animali ed ogni altra variegata forma di vita (per dirla con espressione da naturalista ottocentesco). Oppure nel buio fondo delle umide e cespugliose rive del "Biondo Tevere" si consumavano drammi quotidiani di lotta per la sopravvivenza.

Ma sicuramente dall'inaugurazione del ponte del 31 maggio 2011, tutto ciò è venuto sicuramente a cessare, o quantomeno ad esser modificato: se prima del cantiere si poteva ancora godere ed "utilizzare" un bioecologico spazio scuro e libero, digestore di fotoni innaturali e disturbanti, ora comunque dobbiamo subire quest'ulteriore "lucimostro", con buona pace di ogni Legge Regionale e d'ogni benpensante comitato stellofilo.


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serastrof
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Messaggio da serastrof »

Vorrei proseguire a fornire elementi di provocazione del dibattito sulle scelte "illuministiche" in architettura/urbanistica, perchè credo riguardino di fatto molto da vicino non solo gli astrofili, ma chiunque comprenda che ogni scelta d'intervento umano sulla natura comporti profonde ripercussioni su tutto il contesto dell'ecosfera.

Inoltre, si tratta di discutere o ridiscutere i processi di regolazione urbanistica e di gestione amministrativa delle metropoli, la partecipazione alle scelte di vertice da parte delle componenti sociali, nonchè l'utilizzo del denaro pubblico (last but not least).

Il ponte è costato oltre otto milioni d'euro.

Roma evidentemente se li è potuti permettere, donando 10 anni di lavoro ad architetti esteri, aziende d'edilizia civile, operai, indotto metalmeccanico e siderurgico. Anche se il suo bilancio è stato commissariato dall'Italia e dall'Europa, ed ancora non sono spente le polemiche per il "decreto salvaRoma", con cui il Governo Letta ha evitato agli italiani uno scorno ancora peggiore di quelli fatti patire da Silvio con le sue """ate e le battutine da trivio: il dissesto finanziario della Capitale, la bancarotta del Comune più grande d'Europa, la decadenza del Sindaco della Città Eterna ed il commissariamento dell'intero SPQR.

E' un ponte solo pedonale, in un punto storicamente privo di necessità veicolari d'attraversamento. E' divenuto luogo molto "trendy" di passeggiate romantiche, d'incontri giovanili, di scese sul greto del fiume, e soprattutto di pedalate cicloturistiche fra il quartiere Prati, Foro Italico, Stadio Olimpico ed il parco di Monte Mario da una parte, verso il Maxxi, il quartiere Flaminio, l'Auditorium, la GNAM (Galliera Nazionale d'Arte Moderna), Villa Borghese, Villa Glori, i Parioli, dall'altra.




Con un semplice telefonino ho ripreso una foto del ponte:


Immagine



Già da questa pessima immagine b/w, riportata tal quale come scattata (avrete notato la differenza abissale con le precedenti, "artistiche"), chi vuole può cogliere quale sia il risultato finale delle scelte illuminotecniche compiute: quali sono le zone/strutture del ponte meglio illuminate? Quanta energia luminosa viene prodotta per finire dove?

Le aree più "bianche" sono ovviamente quelle più illuminate. Nell'ordine:

1) I grandi archi principali;
2) I piloni di sostegno degli archi;
3) La ringhiera laterale;
4) Il pano stradale (in asfalto la zona centrale, in legno le passerelle pedonali laterali).

Questa stupidissima foto inoltre già ci mostra il sistema d'illuminazione: all'esterno degli archi, in alto, sono installate le lampade che illuminano (verticalmente, dall'alto verso il basso) i due percorsi laterali pedonali, quelli in legno; all'interno degli archi, ma sempre al culmine dei piloni di sostegno, le lampade che illuminano (in orizzontale) l'arcata controlaterale.

Si può altresì notare che le lampade esterne guardano direttamente il sensore di ripresa (si vede la "palla di fuoco"), mentre quelle interne sono orientate controlateralmente ma in modo obliquo, per cui il sensore di ripresa riesce a vedere solo il retro dei corpi illuminanti, il loro scatolo metaliico. La palla di fuoco delle lampade orizzontali interne è solo quella riflessa dalle prime superfici metalliche smaltate.

Le lampade orizzontali non sono degli "occhi di bue" (che avrebbero campo stretto), bensi degli ordinari proiettori parabolici simmetrici (campo largo, prossimo ai 90°).

In fondo alla grande "V" descritta dai due grandi archi, i lampioni stradali del Lungotevere.
Sullo sfondo, la collina di Monte Mario, le antenne radioTV e militari sulla sommità dello Zodiaco.
Al centro della "V", in alto, in cielo, uno stormo di gabbiani (uccelli dal piumaggio biancastro) è transitato proprio in quell'istante sopra il ponte, ed è risultato ben visibile perchè illuminato dalla luce dispersa dal basso.

Forse in questa prima foto non li vedete, per la scarsa latitudine di posa.

Ma se volgiamo la foto al negativo, emergono sia i gabbiani (nel circoletto rosso) sia altri particolari su cui riflettere:



Immagine



Gabbiani a parte, che in tutta Roma sono sempre visibili di notte (a riprova di quanta luce sia comunque dispersa verso l'alto dalla metropoli, sia direttamente che per riflessione), essendo la foto in negativo, qui le parti più nere sono quelle più illuminate.

Si può osservare dunque che i punti neri sono per lo più omogenei fra loro, ovvero uguali ai lampioni stradali sull'altra sponda, in fondo al centro. Praticamente la stessa intensità, ma non in alto su palo verso l'asfalto di una grande arteria stradale!

Notate come si distinguono molto bene le lampade esterne, rispetto a quelle interne ai grandi archi.

Notate anche come - fra tutte le strutture del ponte: archi, piloni, piano di calpestìo, passerelle laterali, ringhiere - solo i grandi archi (e un primo pezzo dei piloni) sono pienamente neri (cioè illuminati! Siamo al negativo...). Cioè le restanti strutture risulterebbero illuminate in modo equipollente.

Eppure, guardando tutte le altre foto, sembrerebbe che tutta l'area del ponte sia ben illuminata. In effetti, la sensazione visiva reale che si ha transitando su di esso è di un'abbondante e gradevole luminosità generale, diffusa e di tonalità "solare".

Innegabile, ma a che prezzo? Un ponte non è un edificio con facciata continua e regolare, fatto di materiali generalmente opachi.

Per definizione, un ponte è una struttura "en plein air". In questo caso specifico è costituito da un'unica e visualmente leggera campata in ferro e cemento, che scavalca il fiume, per 190m totali di lunghezza, da un piedritto all'altro. 3400 tonnellate sorrette da una struttura in acciaio di 1400ton, tutta aperta e "trasparente", traforata, e totalmente "permeabile" al flusso luminoso. Salvo la risibile e sottile quantità di superficie, per di più tondeggiante e scivolosa, semilucida e di colore bianco, costituita dai tubi metallici, grandi e piccoli.

Dunque, oltre quella che spiove sul piano di calpestìo, venendo in buona parte assorbita da esso perchè in asfalto (per la maggiora parte della sua estensione) e legno scuro, dove andrà mai a finire tutta l'energia luminosa che avvolge chiunque percorra il ponte, come fosse una calda e rassicurante coperta, soffice e vaporosa?



Immagine



Quest'ulteriore pessima foto è stata ripresa con la funzione "paesaggio notturno" della fotocamerina del telefono. Scusate il mosso, in quanto scattata a mano libera. Anche se conferisce all'immagine una realistica idea di movimento, e di fluidità dello "struscio" degli umani bipedi.

Aperto al pubblico transito solo due e anni e mezzo fa, come vedete in pochissimo tempo il ponte è divenuto una meta turistica d'eccellenza, che induce chiunque lo percorra a velleità fotoarchitettoniche e probabilmente anche per questo ha finora riscosso solo generale apprezzamento e consenso.

Ma la pessima reazione dell'elettronica, che ha elevato il guadagno (e con esso fortissimamente il cd "rumore") delle capacità del sensore, svela, "freddandola", la notevole raggiera del flusso luminoso proveniente dalle sorgenti.

Ricordo che le palle di fuoco più esterne agli archi sono proiettori parabolici simmetrici che irradiano in verticale, mentre il grande arco, oltre che fortemente sovresposto, è praticamente "solarizzato" dall'intensità delle lampade (interne, orizzontali) che lo illuminano, obliquamente, controlateralmente e con il cupolino di chiusura verso il sensore.

La foto inoltre abbraccia solo una parte veramente infima del ponte, poichè l'obiettivo del telefonino non è per nulla grandangolo.

Oltre all'evidente sovrilluminazione degli archi (qui sopra ne vedete solo uno, ovviamente) notate dopo il primo pilone di sostegno qui visibile, come sia "restituita" la zona della ringhiera di recinzione: è bianchissima, ma tutto sommato con un ottimo dettaglio. Cosa che non avviene per la parte di ringhiera più prossima all'osservatore, quella in primo piano a destra della foto.

Ovvero: la matrice di Bayer del CCD è stata impulsivata in maniera più corretta dal riquadro ringhiera più distante, piuttosto che da quello più vicino (ma più angolato). Ciò, probabilmente per lo schiacciamento prospettico (che ha ridotto il numero dei pixels fotoattivati), insieme alla minore energia incidente sul sensore dovuta alla maggiore distanza.

Ne consegue che possiamo domandarci: se il riquadro ringhiera più lontano è esposto più correttamente, nonostante esso abbia presumibilmente rinviato minore energia fotonica al CCD, il riquadro ringhiera più vicino ha rinviato verso il sensore più o meno energia di quello più distante? Esso cioè in realtà è "sottoesposto", oppure forse è "sovresposto", nonostante fosse più angolato, e che probabilmente l'energia luminosa sia stata intercettata ed indebolita maggiormente dalla lente obiettivo, cioè dal suo spessore maggiore "di sbieco" e dalle maggiori aberrazioni?

Se fosse "sottoesposto" non sarebbe molto più scuro, tendente al grigio nero? Esso appare in realtà appena poco più "scuro" del suo compagno più distante, dunque grosso modo fotoenergeticamente equivalente. Inoltre è sicuramente "disperso" su una porzione più grande di pixels del sensore CCD, tale da suddividere e parcellizzare l'energia incidente (o riflessa, dipende da come lo consideriamo) su un numero maggiore di pixels, attivati cadauno da un'identica e forse più elevata quantità d'energia, che però si suddivide molto più. L'effetto finale - che potrebbe ingannare anche l'occhio meno disattento a questi meandri del digital imaging - appare come fosse a minore intensità.

Ma se raggruppassimo in modo fisicamente più stretto i pixels, non risulterebbe dunque quella porzione d'immagine, anch'essa "sovraesposta"? Ergo: "sovrilluminata" , cioè irradiata da un fascio luminoso che il senso comune, enon più un freddo sensore elettronico, reputerebbe eccessiva, o comunque superiore al "normale". Una ringhiera di sbarrette metalliche, più vuoto che pieno! Dove finisce tutto il resto?

Che diranno mai luminanzometro e luxmetro, dal "vivo", in tali condizioni? Probabilmente, essendo le sorgenti distribuite uniformemente per tutta la lunghezza del ponte, restituiranno medesimi valori a parità di condizioni di misurazione (distanza, altezza, sorgenti in funzione, etc...).

Ma allora, se i valori - come effettivamente sarà facile confermare - saranno gli stessi lungo tutta la ringhiera, essa dobbiamo immaginarcela bianchissima in tutta la sua estensione.


In sostanza: il sistema d'illuminazione installato, per tutta la lunghezza del ponte (190m per due lati = quasi mezzo chilometro di luci, che dalle foto "artistiche" del primo post vi potete anche divertire a contare), irradia su una sottile e trasparente griglia di fili metallici una sovrabbondante energia, che per la stragrande maggioranza della sua quantità non ha alcuna superficie da illuminare.


Bisogna infatti considerare inoltre che se archi e ringhiera ricevono una così tal luce, essendo loro stessi tutto sommato "sottili" rispetto al resto della "superficie", stiamo impiegando un 100% d'energia per illuminare al 98% l'aria libera circostante il ponte, e poi, solo poi il pano di calpestìo ed il resto dei suoi elementi metallici!!!!!




(E io pago...)



Tralascio volontariamente di farvi notare il flusso disperso verso il cielo e verso l'alto, che è solo parzialmente intuibile da quest'immagine (che percentuale esso avrà? Rientrerà nei limiti della L.R. Lazio 23/2000? Chi lo avrà mai misurato? Sarà mai misurato?). Tanto delle stelle e degli astrofili non gliene frega niente a nessuno, nemmeno a loro stessi! (O meglio: forse non sanno farsi valere?).

Meglio di così si sarebbe potuto solo con un elicottero fermo in aria sulla verticale del ponte, tutta la notte, tutte le notti, per illuminarlo con una fotoelettrica militare! Non sarebbe stata un'attrattiva turistica mondiale, più produttiva dello stesso Colosseo?




Lasciamo le opinioni a chi le manipola per professione, restiamo ai dati "scientifici".

Le foto fin qui inserite sono state scattate impostando la fotocamerina per "bianco e nero". Ma il CCD è sempre a colori, dunque immagino che il firmware abbia corretto saturazione, gamma e tonalità per "ricreare" il b&w dal colore (non sono così addentro al funzionamento di una fotocamera digitale su telefono cellulare, per cui potrei sbagliarmi, i guru dell'imaging per favore mi correggano).

Cosa succede se variamo i livelli dei vari colori di base in una foto digitale b&W? Cosa uscirà fuori rispetto al concetto di energia luminosa di diversa provenienza ed intensità, che colpisce superfici metalliche, in legno ed in cemento/asfalto?

A parte qualche effetto Wharol, possiamo assimilare il rosso (inizio dello spettro visibile, frequenza bassa, lunghezza d'onda maggiore) al calore di cui pure è necessariamente composta la luce artificiale?

E' ammissibile cioè usare una semplice fotocamera su telefono cellulare per sondare il non visibile calore infrarosso (IR), come fosse una termocamera?

No certamente, però il risultato mi pare che - ai fini di una valutazione di politica illuminotecnica e di anti-inquinamento luminoso - non sia così truffaldino.

Ditemi voi.



Immagine


Se è consentito accoppiare il colore rosso presente in quest'immagine, al calore, più l'immagine mostra tinte chiare e tendenti al giallo, più tali zone dovrebbero esser "calde". Sicuramente le zone di colore giallo sono anche quelle più illuminate, perchè lo abbiamo visto nell'originale.


Innanzitutto, questa mia "elaborazione" sui generis sembra smentire il mio ragionamento circa la "sovrailluminazione" del riquadro ringhiera più a destra, quello più vicino al sensore di ripresa: esso infatti si presenta per lo più rosso, a fronte dell'evidente giallo di quello più distante.

Ma notate anche che si mostra pressocchè uniforme alla pavimentazione.

Ciò quantomeno conferma che la luce "utile" (quella incidente sul piano di calpestìo), è d'intensità pari a quella che trapassa la ringhiera e finisce sull'acqua del Tevere (non sia mai che ci si suicidi qualcuno per amore, così forse grazie al Ponte della Musica lo si vedrà scorrere esanime trasportato dai vortici...).

Inoltre, appare confermata la grande dispersione di luce verso il vuoto ed anche verso il cielo: dispendiosa, ecologicamente criminale, socialmente da rapina sulla pelle dei poveri e dei derelitti, nociva per il cielo, gli astrofili e molte altre cose ed equilibri nell'ecosistema.

L'alone rossastro intorno al grande arco ed alle sorgenti non lascia dubbi, al proposito.

Infine, mette in elementare evidenza quali siano le parti effettivamente illuminate con maggior intensità: il grande arco ed i piloni di sostegno innanzitutto, quindi la ringhiera. E poi, solo poi, il piano di calpestìo..

Se l'affermazione vi appare eccessiva od azzardata, sicuramente avete ragione.

Però se applichiamo lo stesso (falso) "metodo" di "smanettare" con i cursori colore alla prima foto di questo post, ugualmente sembrano emergere gli stessi elementi di argomentazione:



Immagine



Le strutture più illuminate si presentano qui bianche, tanto quanto i lampioni stradali, sull'altra riva del Tevere (in basso al centro della foto). Le lampade del ponte - sia esterne che interne ai lunghi archi d'acciaio - sono altrettanto bianchissime. I piloni sono sia gialli, in prossimità delle sorgenti, che rossi (in maggioranza). Al pari - in questo caso - del piano di calpestìo, che in virtù del freddo stagionale, dell'umido e della propria caratteristica spettrale, tende invece al colore nero (che colore non è).

Le passerelle laterali in legno (materiale sostanzialmente opaco ed abbastanza fotoassorbente) e le famose "ringhiere" (metallo lucido o semilucido) ritornano più "efficacemente energetiche", emergendo dal nero fino ad esser totalmente rosse!


MA NON AVREBBE DOVUTO ESSER - SECONDO LOGICA - IL CONTRARIO? CIOE' PRIORITA' AL PIANO DI CALPESTìO, DOVE DEVI METTERE I PIEDI? NON C'E' PIù ALCUNA PREOCCUPAZIONE SECURITARIA?





In conclusione: al termine di questo ragionamento, possiamo tranquillamente sostenere, senza tema di esser smentiti, che siamo di fronte ad un'installazione illuminotecnica perfettamente protesa non ad illuminare il passo e l'area di transito, ma esclusivamente quella sovrastrutturale, architettonica ed estetica. Solo secondariamente, e di riflesso, solo di riflesso (letteralmente, grazie alla luce dispersa!) quella funzionale.


Un'ottima parabola della società contemporanea, potremmo moralizzare: tutto fumo e niente arrosto, priorità al vano, all'effimero ed al superfluo rispetto al certo, al duraturo ed al necessario.

D'altra parte, questa era esattamente l'intenzione di progetto, perfettamente e professionalmente realizzata.

Lo troviamo dichiarato espressamente, ad esempio, nel testo che segue (riquadro colorato): Immagine
OICE su pontemusica.pdf
.



Che dirvi di più? Il Ponte della Musica Armando Trovajoli, bando veltroniano e cantiere alemanniano, con una semplice foto rivela la sua natura di frutto avvelenato delle larghe intese rossonere maturate anzitempo davanti al portafoglio di Pantalone, un ricco piatto d'ordinaria abbuffata metropolitana, un gran bell'oggetto inutile e mangiasoldi, l'apoteosi dell'apparenza e non della sostanza.



Niente male, mia cara vecchia città: otto milioni d'euri di luce verso le stelle, passati senza colpo ferire nel corso di un decennio fra i più tristi e feroci della nostra Italietta, senza alcuna voce ostinata e contraria.

Non un resistente, un antagonista od un SELliano, non un Consiglio Metropolitano od un Circolo Legambiente Capoprati (che abita sul posto da sempre), non un giornaletto online di quartiere, e nemmeno un casapound scheggia impazzita fuorilinea od uno storaciano a caccia d'occasioni di sfrucuglio nazionalreazionario.


Non l'INAF di Monte Mario che con la sua panocam sul vertice della torre solare di quello che fu l'Osservatorio Astronomico di Roma avrà probabilmente filmato tutto il cantiere in time-lapse.

Nemmeno un urbanista democrat od un architetto teodem in cerca di pubblicità. Non un liberal dei quartieri alti, libero dall'assillo del portafoglio e dall'oppressione del lavoro.


Meno che mai un qualsivolgia studente d'astronomia, un tesserato astrofilo, un cielobuio sempre pronto a "scendere a Roma" nel codazzo del Professore a Vita dagli occhi di ghiaccio, od un tecnocrate cosmonautico stagista dell'ESO.



Il bagliore di bellezza dell'accecante monumento ha offuscato peggio di qualsiasi droga sintetica ogni cervello di questo sempre più ributtante Bel Paese, da cui si può solo desiderare di fuggire.


Mi auguro solo che qualche laziostellato di passaggio abbia almeno qualcosa da replicare.
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